Madre Cecilia Greco

“In memoria” di Madre M. Cecilia GRECO osb ap

Ci manca tutto di lei!!! "Abbiamo un ‘buco’ in comunità - afferma una giovane sorella -, perché nel suo stile era "UNICA"!!!.
Ce ne siamo accorte anche il giorno delle esequie, per le moltissime persone presenti a quella Celebrazione eucaristica che ha visto attorno all'altare una ventina di sacerdoti e che ha avuto il sapore pasquale di una festa di vita, di luce, di gioia, proprio come era Madre Cecilia.
Di Madre Cecilia si può scegliere di parlare all'infinito per la sua ricca ed esuberante personalità di monaca, oppure di custodire nel silenzio del cuore, con gratitudine, quanto di bello e di buono ha seminato in 66 anni di vita monastica, dei quali 33 come nostra amata Priora. Forse è proprio da questo silenzio grato e orante del cuore che traboccano le parole per far memoria della sua vita.

Non si può dissociare Madre Cecilia dalla sua terra d'origine: la Sicilia.
Nata a Pozzillo Acireale (Catania), nelle vicinanze dell'Etna, ella manifesta nel suo temperamento e atteggiamento qualcosa di "vulcanico": ardore, passione, bellezza, fuoco, entusiasmo. L'immagine del "vulcano" le si addice talmente bene che da giovane monaca è denominata, con Sr. Letizia Malinverno, "Boanerghes", "figlie del tuono", come i due fratelli Giacomo e Giovanni figli di Zebedeo, scelti da Gesù (cfr Mc 3,17).
Mamma Giuseppina ha già 40 anni quando dà alla luce la sua settima creatura, il 17 gennaio 1930, alle ore 15 di un venerdì. La piccola rischia di morire e perciò è subito battezzata e viene affidata al santo del giorno, S. Antonio abate, per cui riceve il nome di Antonia, ma in casa e da tutti sarà chiamata Antonietta. Quel vivacissimo frugoletto è la delizia di papà Venerando, la gioia dei quattro fratelli e delle due sorelle, di tanti anni maggiori di lei, che la circondano di un amore tenero e profondo. Coccolata e vezzeggiata, ma mai viziata! Il suo carattere esuberante, gioioso, intraprendente, un po' birichino da "monella" viene plasmato dall'educazione affettuosa e premurosa delle sorelle maggiori e soprattutto di mamma Giuseppina, donna di grande saggezza e prudenza, e particolarmente di grande spessore cristiano. Madre Cecilia conserverà sempre una grande venerazione per lei e trasmetterà anche a noi tanti insegnamenti umani e di fede, ricevuti sulle ginocchia materne. Tra questi ricordiamo l'attitudine ad accogliere e a cambiare, sintetizzata nel proverbio, spesso ripetuto: "La vecchia aveva 100 anni e imparava ancora!".
Il papà, pescatore, la portava spesso con sé in riva al mare e godeva di porla sulla sua barca e da lì, la piccola Antonietta estasiava tutti cantando perfettamente il ‘Tantum ergo’, con la sua bella voce intonata e calda.
Questa infanzia felice e serena, ricca di tanto affetto e amore, inciderà molto sulla sua personalità di giovane, di donna e di monaca, per cui avrà sempre un "bel carattere", gioioso, entusiasta, amabile, perché si sente molto amata da tutti, ottimista, piena di fiducia e aperta smisuratamente ad accogliere tutti.
Anche la sua apertura a Dio avviene fin da bambina. Ci racconterà: "Davanti alle meraviglie del creato, alla bellezza notturna del cielo stellato, all'immensità della distesa del mare... il mio cuore si estasiava. Mi prendeva una pienezza di gioia e di pace e desideri di Infinito mi invadevano, mentre mi domandavo stupita: Chi è mai Costui che ha fatto queste meraviglie e che rapisce e colma il mio cuore, e al quale desidero donarmi tutta?!".
Arriva poi l'età scolastica e Antonietta si distingue per impegno, desiderio di conoscere e sapere, ha un'intelligenza viva ed intuitiva. Riceverà anche un premio per aver scritto il più bel tema sul Duce!, (benché in casa nessuno fosse fascista!).
Poi le ore dolorose e drammatiche della seconda guerra mondiale, con la trepidazione per i fratelli al fronte, la povertà, la paura delle bombe che precipitano e distruggono, le fughe nei rifugi sotterranei, l'oscuramento, che le suscitano il senso della caducità della vita.
Infine lo sbarco degli americani in Sicilia... Torna la speranza, ... la vita continua.
In lei è sempre più impellente quel richiamo di vita divina che il Signore le aveva messo in cuore e lo corona a 18 anni entrando nel monastero delle Benedettine dell'Adorazione perpetua del SS. Sacramento di Catania. E' felice!!! Sente di essere al suo posto, di essere fatta per quella vita di adorazione, di preghiera, di silenzio, di canto, di lode al Signore. Ma la sua gioia è di breve durata: la salute non regge e, ancora postulante, è costretta a far ritorno a casa. Lasciamo immaginare la grande sofferenza di quel cuore sensibile fatto per amare Dio e profondamente innamorato di Gesù Cristo.
Per "riprendersi" si sposta al Nord, presso un fratello emigrato in Lombardia per motivi di lavoro. E qui la Provvidenza l'aspetta e la guida. Attraverso delle amicizie, viene a contatto con il Monastero di Ghiffa e la sua vocazione benedettina-eucaristica riemerge in pieno. L'attrattiva per quella vita è ancora forte e il 2 luglio 1952 varca la soglia di quel Monastero. Ha 22 anni e nel cuore la grande passione di donarsi tutta al Signore.
Nella data tanto significativa del 25 marzo 1953 - 3° centenario di fondazione di noi Benedettine del SS. Sacramento - riceve l'abito monastico e il nome nuovo di Sr. M. Cecilia di Nostra Signora del SS. Sacramento. Il nome della Patrona della Musica le si addice in pieno. Una sua compagna di noviziato, che in seguito sarà Priora della Comunità di Ghiffa, Madre M. Pia Tei, così l'ha ricordata in uno scritto letto alle esequie:

"Cara Madre Cecilia, ANIMA DI CANTO E DI GIOIA!
Ti ho conosciuta così vivendo con te gli anni del Noviziato,
cantavi sempre mentre svolgevi i tuoi lavori,
se non potevi cantare con la voce cantavi col cuore,
lo si percepiva dal tuo sguardo e dal tuo viso sorridente e gioioso...!"

Sr. Cecilia ha continuato a cantare anche quando, inaspettatamente, senza preavviso, alcuni mesi dopo la vestizione, viene "rimandata" al Sud, in aiuto alla nostra comunità del SS. Salvatore di Piedimonte.
"Sarai più vicina ai tuoi parenti in Sicilia" - le si dice! Giunge a Piedimonte il 18 dicembre 1953. Il cuore è un po' gonfio per il "distacco" e, del resto, i suoi cari ormai si trovano quasi tutti al Nord.
"Facta oboediens" ridice il suo “SI'” fedele alla sua scelta totale di amare Dio e Dio solo con cuore indiviso. Quanto conforto troverà nei prolungati momenti di adorazione silenziosa davanti al Santissimo: "Come il Signore parlava profondamente al mio cuore in quelle soste oranti, rivelandosi come l'Unico della mia vita donata!".
E' giovane, aiuta le sorelle nei lavori più umili e pesanti e soprattutto sostiene con il canto le Lodi del Signore. "Sr. Cecilia ha una voce "doppia" - dicevano le monache - per la sua voce bella, intonata e vigorosa.
Nella nostra comunità di Piedimonte però tira aria di "esodo"...! La salute fisica delle circa 30 monache che la compongono è seriamente minacciata dalla esalazioni tossiche di una vicina cartiera, che avevano causato la malattia e anche la morte di alcune giovani professe. Bisogna cercare una sistemazione altrove. La Provvidenza si serve del gesuita Padre Luciano Caldiroli, fratello della nostra Madre Alfonsa, la quale da parecchi anni si trovava a Piedimonte, mandata in aiuto dal monastero di Ghiffa dove era entrata. Le ricerche di Padre Luciano approdano positivamente e definitivamente nella "Villa" trovata a Grandate (Como).
Perciò, dopo sei mesi, Sr. Cecilia si ritrova con la valigia in mano. Con tutta la Comunità riparte per il Nord e vi giungono il 3 luglio 1954, dopo un avventuroso viaggio di tre giorni.
E' una giovane novizia di 24 anni.
Nel nuovo monastero di Grandate, sotto il priorato di Madre Enrica Crespi, il 31 ottobre 1955, Vigilia di Tutti i Santi, canta con gioia il suo primo "Suscipe", con la professione temporanea. E non è sola, è circondata da tante sorelle di noviziato. Quella solenne celebrazione pre-conciliare raccoglie anche il SI' della professione temporanea di Sr. Giacinta e Sr. Gabriella, la professione perpetua di Sr. Bernardetta e Sr. Eugenia e la vestizione di Sr. Felicita. Dopo tre anni, il 21 novembre 1958, Sr. Cecilia può appagare il suo profondo anelito di appartenere per sempre al Signore, emettendo la Professione perpetua sotto la protezione della Vergine Maria presentata al Tempio.
La Comunità in quegli anni vive degli autentici fioretti francescani di povertà per la scarsità dei mezzi di sussistenza, perché la "Villa" di Grandate è da pagare e riadattare pian piano alle esigenze della vita monastica. L'"Ora" è intenso, ma anche il "Labora" è indefesso!
Sr. Cecilia ha un'ottima abilità per il ricamo, che da piccola aveva prontamente imparato dalle sorelle maggiori. "Quante ore ho passato, anche di sera tardi, china su quel telaio, perché il lavoro urgeva..., senza potermi muovere (è sempre stata la vivacità in persona!!!), intenta al punto a giorno, al punto pieno, al punto rodi, al punto principessa..., mentre avrei desiderato correre, cantare, danzare...!!! " Quell'ago e quel filo passati e ripassati sulla tela, la tengono annodata a Dio, presente nel suo cuore, per il Quale continua silenziosamente a cantare e ad offrire la sua giovane vita per la salvezza di tanti fratelli e per il bene della Chiesa, impegnata allora nel grande evento conciliare.
La sua propensione, o meglio "passione" - per il canto e la musica - non sfuggono ai Superiori. La Priora Madre Enrica le farà frequentare, con l'inseparabile Sr. Letizia, corsi di gregoriano e polifonia e lezioni di organo, anche fuori dal Monastero. Insegnamenti preziosi che le consentiranno, anche da Priora, di trasmettere alla Comunità la bellezza delle Lodi di Dio e il buon gusto per la Liturgia ben preparata e vissuta con arte.
A 38 anni, nel pieno della contestazione giovanile del '68 è nominata Madre maestra. Sono una decina le giovani affidate alle sue cure: portano freschezza, ma anche novità di stile, di modo di vivere, sono aperte, schiette, si confidano, la sollecitano. A lei tocca la difficile arte di mediare tra il loro desiderio di cambiamento e il "si è sempre fatto così" della Priora e della Comunità. Quante tensioni, incomprensioni, malumori, riprensioni ha portato nel cuore Sr. Cecilia nel difficile ascolto della Comunità e delle giovani, e nella sincera ricerca dei segni dei tempi che tutto il mondo ecclesiale del resto sta vivendo!

Nel marzo del 1976 deve lasciare questo prezioso servizio ed è mandata in aiuto al Monastero di Genova con Sr. Francesca Poli.
Vi rimane poco più di un anno. Quando torna a Grandate nel maggio del 1977 per le elezioni priorali è "costretta" a fermarsi, perché le sue sorelle il 31 maggio l'hanno scelta come loro Priora.

"... Non è stato facile prendere il posto di Madre Enrica, ma con la tua saggezza e pazienza, poco a poco, hai potuto tener salde le redini della Comunità... e l'hai edificata con il tuo esempio e le tue cure materne".
(Dallo scritto di Mons. Enrico Benedetti, nostro Cappellano, letto alle esequie).

Quando è eletta Priora ha 47 anni e sarà riconfermata fino a 80 anni.
Per 33 anni ha "fatto" e "segnato" la nostra Comunità! Come? Il modo non si può esaurire in poche frasi... E' una vita che parla!
Innanzitutto ci ha trasmesso la sua grande passione per il Signore, scelto come Unico Bene a cui consacrare tutto e, di conseguenza, il grande amore per la sua vocazione monastica benedettina eucaristica. Queste due passioni l'hanno sempre animata e sostenuta, anche nelle prove e nelle sofferenze, e sono andate crescendo con il passare degli anni, alimentate da una fede semplice e forte e da una grande capacità di abbandono e di consegna di sé a Dio, così come Egli si manifestava nelle circostanze più ordinarie.
Ci ha trasmesso anche un grande amore per la Chiesa, facendoci gustare i suoi momenti belli e condividendo con sofferenza le sue tensioni, preoccupazioni e ferite. Aperta e appassionata al cammino dell'umanità, ci ha fatto partecipare ai suoi eventi lieti e tristi: lo faceva con uno stupore quasi infantile, con una viva partecipazione, per cui sapeva elevare i problemi al Mistero di Dio, riconducendoli alla preghiera insistente e fiduciosa.

Una Madre Priora di Federazione alcuni anni fa l'ha paragonata ad una "quercia": "Madre Cecilia è una quercia!". Certamente questa immagine le si addice, perché parla di robustezza, di stabilità, di capacità "di reggere e portare", soprattutto nella fede e nell'amore. Ma Madre Cecilia non era una persona che ostinatamente e orgogliosamente stava "ritta", sapeva chinarsi con amorevolezza e comprensione sulle debolezze e fragilità nostre e altrui, a cominciare dalle sue, portate con umiltà; sapeva "piegarsi" in silenzio sotto il peso delle sconfitte e delle incomprensioni e sotto il peso delle sue responsabilità.
Non si chiudeva, sapeva parlarne con Dio e con gli altri, aperta alla condivisione delle sue fatiche, sia cercando il dialogo con noi, sia chiedendo consiglio.

Pur avendo un carattere docile e amabile, sapeva essere anche combattiva: quando sentiva "bene un bene" si doveva fare, senza esitazioni e tentennamenti.
"Suaviter et fortiter", ha molto amato la Comunità e tutte noi sue figlie, ad una ad una, ed è stata molto riamata, perché sapeva farsi voler bene.
In lei si è compiuta la parola di S. Benedetto all'abate: "Cerchi di essere amato piuttosto che temuto" (cfr RB 64).
Una sua particolare attenzione è stata la cura per la formazione di noi monache. Per questo ha richiesto il sostegno dei Docenti in varie discipline del nostro Seminario diocesano ed anche inviato giovani professe ai Corsi teologici estivi e triennali, indetti dall'Ordine Benedettino, incrementando quanto aveva già iniziato a fare Madre Enrica.
Non solo ha edificato spiritualmente la Comunità, ma si è preoccupata anche di rendere più agibile e abitabile il Monastero. Con l'aiuto di Madre Vice Giuseppina Sala si è messa all'opera per ristrutturarlo e renderlo più idoneo alle esigenze della vita monastica. E le siamo molto grate anche di questa fatica!
In lei era viva anche la vita della Federazione: sentiva la necessità che le nostre Comunità stessero unite, si conoscessero e si sostenessero. Per questo era molto sensibile alle richieste dei Monasteri e aperta e disponibile a mandare sue monache in aiuto... pur attirandosi a volte le nostre incomprensioni e i nostri malumori.

Intelligenza vivace, intuitiva, brio, "bel carattere", che sapeva trovare il lato buono e positivo negli altri, espansiva ed estroversa, con capacità di saper sorridere e trovare il lato umoristico delle cose, era dotata di una straordinaria vitalità e questo fino alla fine!
Questa "esuberanza di vita", certamente positiva, alle volte mostrava i suoi limiti in una certa impulsività, istintività, insistenza "opportune e non opportune", delle quali era sinceramente cosciente e che avvertiva di dover dominare. Madre Cecilia si sentiva, e lo inculcava anche a noi, sempre in stato di continua "conversione", mai arrivata, sempre pronta a rifare il "noviziato" per imparare ad essere "monaca". Conserverà fino all'ultimo questa sua inclinazione del cuore ("cor semper penitens" - ci diceva!), soprattutto quando nel 2010 la Comunità affiderà il priorato alla sua figlia Madre Tarcisia Biraghi, con la quale manterrà un bellissimo rapporto di obbedienza e confidenza, di stima e di affetto, offrendo il suo consiglio e il suo sostegno.
Da Priora emerita, rimarrà in lei un'energia indomita e il desiderio di continuare a servire e ad essere utile alla Comunità. Lo farà con la sua presenza di Madre "venerabile" e autorevole, con la sua parola di Consigliera saggia, con il suo incarico di responsabile del gruppo degli Oblati secolari, che segue mensilmente con particolare cura sia con incontri di gruppo che personali.
Ma anche, con un sorriso di benevolenza e di ammirazione non possiamo dimenticare Madre Cecilia intenta a lavare i piatti alla vessella, con una vigoria giovanile, pur reggendosi già con le stampelle! Se ne fa un punto d'onore per cui nessuno può sostituirla! Ci tiene proprio!
Quando proprio le gambe non le consentiranno più di camminare... non si arrende. Si fa regalare dagli amati nipoti una sedie a rotelle elettrica, prende lezioni per imparare a manovrarla... e via col vento per i vari ambiti del Monastero: è presente in Coro, a refettorio, a ricreazione, in parlatorio, dalle tante persone che cercano una sua parola. Quanti angoli della casa portano i "segni" dei suoi passaggi "motorizzati"!
Inferma... ma sempre viva! Prega (finché ha potuto quanto godeva dell'adorazione notturna!), canta (ricordiamo ancora con commozione le Letture di Natale e del Triduo pasquale da lei cantate al microfono appoggiandosi alle stampelle o seduta al suo posto in coro!), suona, legge molto.

"... Donna che viveva in Monastero, ma aveva presenti le situazioni del mondo con stupore infantile... Dentro al mondo un posto privilegiato lo aveva la Chiesa, della quale viveva con sofferenza le ferite...!"
(Padre Piero Ottolini, nostro confessore)
"... aveva un vivo interesse verso la realtà sociale e culturale. Mi chiedeva spesso qualche approfondimento di tipo filosofico. In uno di questi ultimi incontri, quando non era possibile vederci, ci sentivamo per telefono: io seduto in macchina fuori e lei nella sua camera e, - nessuno ci crederebbe - parlavamo di relativismo!" (Bernardo Arena, docente di matematica, assiduo frequentatore della nostra Liturgia)

Madre Cecilia è stata sulla breccia fino all'ultimo, amava le sorprese, aveva la trasparenza e il gusto infantile per le "improvvisate", per ciò che sorprende, ciò che stupisce. E così è stato - una sorpresa! - quel suo repentino e quasi silenzioso andarsene in Cielo nel pomeriggio di domenica 5 agosto 2018 (memoria popolare della Madonna della Neve particolarmente venerata nel nostro Monastero a Piedimonte)
Da tempo non riusciva più a partecipare alla Celebrazione eucaristica quotidiana alle 7.30, ma la domenica e il giovedì, che è alle ore 9, era presente per accompagnare i canti con il suono dell'organo. Questo lo ha fatto anche giovedì 2 agosto! Poi l'improvviso aggravamento, il caldo intenso, la febbre alta con complicazioni polmonari. Ai Primi Vespri della Trasfigurazione (Mistero a cui è dedicato il Monastero), quel letto su cui ansimava è diventato il suo Tabor: ha potuto per sempre fissare il suo sguardo sullo splendore luminoso del "più bello tra i figli dell'uomo", GESU', la "passione" di tutta la sua vita!!!

Lasciamo la parola conclusiva su Madre Cecilia a quanto rimane nel cuore ad un’altra nostra giovane sorella:

"Madre Cecilia ha testimoniato con la sua vita la gioia di appartenere a Dio.
Era quella luce nel buio, quella stella a cui guardare per orientarsi, per noi anime assetate di Cristo.
In lei traspariva la semplicità, la bontà, la sensibilità, la dolcezza, la delicatezza di quelle anime speciali che portano in sé l'amore di Dio. Per lei il canto, la musica e la vita stessa erano preghiera, Un canto di lode infinito a Colui che amava. Sapeva guardare alle anime del mondo con gli occhi pieni dell'amore di Cristo: in lei non c'era giudizio, ma tanta comprensione e ascolto profondo dell'altro.
Era un'anima molto profonda e sensibile 'preoccupata' di piacere solo al suo Sposo. Era un'anima capace di guardare al mondo con amore universale. In lei c'era Gesù e chi le stava accanto poteva percepirlo. Non ti insegnava a cantare, ma ad amare Cristo. Era l'esempio di una vita vissuta e donata al Signore. Per me, lei era ciò che significa essere monaca."

Parafrasando arditamente l'espressione con cui S. Giovanni chiude il suo Vangelo, anche a noi sembra di poter affermare: "... ci sono ancora molte altre cose che si potrebbero dire di Madre Cecilia, che, se fossero scritte una per una ..." (cfr. Gv 21,25).

Vorremmo però lasciare un ultimo spazio ad alcune fra le numerose testimonianze che ci sono giunte su Madre Cecilia, perché ci siamo accorte che non era solo "nostra", anzi, ci accorgiamo che non è solo "nostra". Siamo in tanti a ricordarla come un "dono" che il Signore ci ha fatto!

Monastero SS Salvatore - via Giovanni Paolo II n.1 - Grandate - 22070 - Como - infobenedettinegrandate@gmail.com

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