Chi siamo

La comunità monastica, a Grandate dal 1954, è stata fondata nel 1926 a Piedimonte Matese (Caserta), per ridare vita ad un antico cenobio costruito in epoca longobarda (770) e dedicato al Salvatore nostro Gesù Cristo nel mistero della Trasfigurazione.
La vita monastica lì vissuta fino al 1866 aveva seguito la Regola di San Benedetto. Nel 1926, a riaprire il monastero dopo l’epoca delle soppressioni furono ancora delle Benedettine, ma questa volta dell’adorazione perpetua del Santissimo Sacramento: una vocazione che unisce alla secolare tradizione benedettina una intensa spiritualità eucaristica. Questa famiglia monastica nacque in Francia nel 1653 per il carisma suscitato dallo Spirito nella benedettina Madre Mectilde de Bar.  

Storia di san Benedetto

Le uniche informazioni che abbiamo di San Benedetto ci vengono dai “Dialoghi” di San Gregorio Magno papa.
Verso l’anno 480 San Benedetto nasce nei pressi di Norcia, in Umbria, da una ragguardevole famiglia romana. Dopo aver compiuto gli studi fondamentali presso le scuole della cittadina e nel 496-500 si trova a Roma per continuare gli studi.
Secondo la data tradizionale del 476, l’impero romano era crollato alla vigilia della nascita di Benedetto e le successive invasioni barbariche avevano finito per sommergere tutto e creare il caos nel campo socio-politico. E’ qui che Benedetto, molto più maturo spiritualmente dei suoi anni di età, si fa critico e contestatore della realtà in cui vive: decide di troncare il ciclo degli studi, che in realtà gli appariva come un girare a vuoto che non serviva a costruire né l’uomo né tanto meno il cristiano.
Non era però una critica soltanto negativa o una fuga dettata da paura: in realtà S.Gregorio ci fa sapere che egli seguiva un’altra voce misteriosa che gli parlava dentro e lo chiamava per un’altra via, quella della vita monastica. E’ così che il giovane, lasciando Roma si ritira ad Affile, tra Fiuggi e Tivoli, giunge a Subiaco iniziando così la seconda tappa della sua vita. S.Gregorio non è prodigo di notizie su questa fase, ma raccoglie dai discepoli di Benedetto alcuni particolari abbastanza eloquenti, come la tremenda lotta con sé stesso (cfr Dialoghi cap.2), oppure la capacità del saper “abitare solo con sé stesso, sotto gli occhi di Colui che ci vede sempre dall’alto” (cfr Dialoghi cap. 3).
Nella solitudine della grotta di Subiaco è dapprima scoperto casualmente da alcuni pastori, poi anche dai monaci lì attorno, tra i quali quelli di Vicovaro (Tivoli), che dopo averlo voluto come abate tentano di avvelenarlo.
Benedetto ritorna così alla solitudine dello speco a Subiaco e, dopo aver costruito sé stesso di fronte a Dio con l’aiuto della grazia, può aiutare gli altri a realizzare sé stessi secondo il progetto divino, e può soprattutto diventare costruttore di nuove comunità. Fonda nella valle dell’Aniene una dozzina di monasteri. La sua famiglia monastica cresce notevolmente e diviene un centro di irradiazione spirituale. Superate varie difficoltà interiori (tentazioni) ed esterne (minacce di un prete invidioso), può diventare maestro e guida di altri “cercatori di Dio”:
Con alcuni monaci, si reca a Cassino. Siamo nell’anno 529. Dopo un’intensa opera di evangelizzazione, si costruisce un nuovo centro monastico: Montecassino. Il santo si distingue sempre per una vita di preghiera quanto mai intensa e per una dedizione totale ai suoi monaci. Per essi redige una “Regola”. Guida anime accogliendo come ospiti persone di ogni ceto sociale, anche vescovi e laici. Re Totila, re dei Visigoti, incontra il santo a Montecassino dove si reca a fargli visita nel 546. Dopo aver dato inizio a una nuova fondazione monastica, a Terracina, il 21 marzo del 547, o di qualche anno immediatamente successivo, S.Benedetto muore subito dopo aver ricevuto l’Eucaristia. Nel 577, come aveva predetto il santo, per la prima volta viene distrutta Montecassino. Per la quarta volta il monastero sarà raso al suolo il 15 febbraio 1944.
Quando il giovane Benedetto prendeva la decisione di lasciare Roma, gli studi, la famiglia, la carriera, sembrava un transfuga rinunciatario, incapace o pauroso di affrontare la vita. In realtà egli si accingeva a un’impresa molto più ardua ed eroica a cui lo chiamava la Provvidenza: diventare una delle guide spirituali e uno dei costruttori di civiltà per i secoli seguenti.

(Introduzione di P.D. PELAGIO VISENTIN osb, a "San Benedetto, un maestro di tutti i tempi - Dialoghi e Regola", Collana Scritti Monastici, edizioni Messaggero di Padova, Abbazia di Praglia, 1981, pg. 11-27)

Storia di madre Mectilde de Bar

Catherine de Bar nasce ed è battezzata il 31 Dicembre 1614 a Saint Diè (Lorena). I suoi genitori, profondamente cristiani danno ai loro figli una educazione religiosa solida e una vasta cultura. Catherine si fa religiosa fra le Annunciate di Bruyères (Vosgi) con il nome di suor San Giovanni Evangelista. Il convento è distrutto dalla Guerra dei trent’anni nel 1635. Accolta dalle benedettine di Rambevillers nella diocesi di Toul nel 1639, vi emette la professione secondo la regola di san Benedetto nel 1640, prendendo il nome di Mectilde. La ripresa della guerra costringe le monache a rifugiarsi a Saint-Mihiel, poi presso l’Abbazia di Montmartre (1641). Ella soggiorna poi nel 1643 presso l’Abbazia della Trinità di Caen e raduna alcune delle sue sorelle a Saint-Maur-des-Fossèes (1643-1646). Nominata priora del Bon Secours a Caen (1647-1650), è richiesta come priora a Rambevillers. Nel 1651 deve fuggire nuovamente per la ripresa delle ostilità. Nuovo esodo verso Parigi, rue du Bac. Nella capitale francese madre Mectilde ritrova le sue consorelle rifugiate nel sobborgo di Saint-Gerrnain, dove vivono in grandi ristrettezze. Mentre coltiva il progetto di ritirarsi a vita eremitca, una voce interiore la invita: “Adora e sottomettiti a tutti i disegni di Dio, che al presente ti sono sconosciuti”. Il progetto divino si svela a tratti, tra la certezza interiore e la precarietà delle sicurezze umane: l’innesto sul tronco benedettino di una fondazione votata all’adorazione perpetua del SS. Sacramento e alla riparazione. Superando il senso di indegnità che inizialmente le fa respingere l’idea di diventare una fondatrice, aderisce e si abbandona al progetto di Dio. Tra difficoltà e ostacoli, il Signore compie la sua opera: il 25 marzo 1653, a Parigi, in rue du Bac, nasce l’Istituto delle Benedettine dell’adorazione perpetua del SS. Sacramento. Il 12 marzo 1654 la regina Anna d’Austria, dopo la benedizione del nuovo monastero di Rue Fèrou, recita la prima ammenda onorevole: la piccola ma fervente comunità monastica inizia così l’adorazione perpetua. Madre Mectilde porta in sé una vocazione specifica: desidera far nascere una vita monastica tutta incentrata sull’Eucaristia. Un sogno della sua infanzia, in cui le si presentarono 7 ostensori, si realizza durante la sua vita con la fondazione di 7 monasteri dediti all’adorazione perpetua: Toul (1664), Rambevillers (1666), Nancy (11669), Caen (1686), Rouen (1677), Parigi (secondo monastero, 1680), Varsavia (1687). Il 6 aprile 1698, seconda Domenica di Pasqua, è la data del suo passaggio: la Madre “passa” per sempre in Colui che in terra aveva ardentemente amato. Lascia 10 monasteri e un patrimonio spirituale costituito da numerosi scritti, tra cui un epistolario di oltre 3000 lettere, che la pongono tra i maestri di spirito della sua epoca. Al presente il suo Istituto conta circa 45 monasteri suddivisi principalmente in 5 paesi europei: Francia, Polonia, Italia, Germania, Paesi Bassi. Da poco il carisma sta fiorendo anche nel continente africano con la rinascita o aggregazione di 2 comunità ugandesi.

Storia della comunità

Per ritrovare gli inizi della storia del nostro monastero bisogna discendere la penisola italica fino a Piedimonte Matese (provincia di Caserta) anticamente detto Piedimonte d’Alife e tornare all'epoca della dominazione Longobarda, che aveva il suo centro, per l'Italia meridionale, in Benevento. Si era nell'anno 770 ed era duca di Benevento Arechi II°. Questi, in territorio “alifano” , donò il terreno e i fondi per la costruzione di una chiesa dedicata al SS.mo Salvatore con annesso monasterium puellarum. Riteniamo sia questo l'atto di nascita del nostro monastero.
Posto sotto la giurisdizione del monastero di S. Vincenzo al Volturno, ne seguì le vicissitudini. Distrutto dalle invasioni arabe, fu in seguito ricostruito dalle monache che avevano trovato rifugio a Benevento.
Questo diede adito a colorite dispute, ora tra il vescovo di Benevento e l'abate di S. Vincenzo al Volturno per la dipendenza amministrativa di SS. Salvatore, ora tra le monache di S. Vittorino e quelle di SS. Salvatore per l'elezione dell'abbadessa.
Verso la fine del 1300 pare che le monache del nostro monastero, a causa delle guerre civili, fossero rimaste solo in 4, per cui ci fu il tentativo di installare al loro posto dei Domenicani. Il progetto però non ebbe seguito e più tardi ritroviamo San Salvatore nuovamente abitato dalle monache e coinvolto dalla attuazione dei decreti del Concilio di Trento riguardo alla clausura. Nel 1700 il Monastero del SS. Salvatore era economicamente prospero, tanto da poter fare dei prestiti al Comune.
Le monache a quell'epoca avevano aperto un educandato probabilmente per le giovani appartenenti alla nobiltà locale.
Di questo periodo è la cronaca di solenni e sfarzose cerimonie di monacazione che divenivano avvenimento cittadino per l'elevato numero di giovani che nello stesso giorno venivano consacrate.
Alla fine del secolo XVIII ebbe inizio però un periodo di declino.
Le conseguenze della Rivoluzione francese si fecero sentire anche per il nostro monastero. Nel XIX° secolo una serie di tagli economici e le leggi dello stato che sopprimevano le corporazioni religiose, condussero il monastero SS. Salvatore alla fine.
Nella storia di salvezza scritta da Dio, questo era però solo un “inverno”, una potatura, una fine che preparava un nuovo inizio. Questo fu nel 1926 ad opera delle Benedettine dell’adorazione perpetua del SS. Sacramento, interpellate dal vescovo della diocesi mons. F. Del Sordo che aveva riavuto dal governo la chiesa del SS. Salvatore e parte dei locali del monastero, a condizione che lì si tenessero attività a beneficio della popolazione.
Fin da principio si dovette quindi unire all'osservanza monastica il servizio educativo nella scuola materna, nella scuola di taglio e cucito per ragazze e nella scuola elementare (che però durò poco). Mantenere personale adeguatamente formato e con regolare diploma per tali attività fu una preoccupazione costante, innanzitutto di Madre Caterina Lavizzari, che doveva mandare monache alla nuova fondazione, e poi delle superiore che dovevano reggere il cenobio.
Dopo Madre Tarcisia Molteni, che fu la prima responsabile della piccola comunità, fu inviata come priora Madre Pia Volontieri fino all'anno 1953.
Passarono, sotto la sua guida, anche i duri anni della seconda guerra mondiale, con sacrifici e fatiche, ma anche con l’entrata di nuove vocazioni che, lentamente, vennero ad aumentare il "piccolo gregge”. Nei pressi del monastero c'era però una cartiera che, con le sue esalazioni, nuoceva alla salute delle monache.
I superiori maggiori, durante le loro visite al monastero, convennero sulla necessità di trasferire la comunità in altro luogo.
Un Gesuita, Padre Luciano Caldiroli, fratello di una monaca, dopo molte ricerche, scovò in Lombardia un'antica villa che poteva essere adattata a monastero. Si trovava a Grandate, in provincia e diocesi di Como.
Nel luglio 1954 la comunità monastica compì il suo esodo da Piedimonte a Grandate. Impiegò tre giorni, facendo sosta a Montecassino, a Roma e a Firenze.
Il 4 Novembre dello stesso anno giunse, dalla Santa Sede, la nomina di Madre Enrica Crespi a guida della neo-trasferita comunità. Questa Madre, che aveva diretto i lavori di sistemazione per la prima accoglienza delle monache, guidò con energia e amore il non facile inserimento nel nuovo tessuto ecclesiale e sociale.
Nel corso del suo priorato fu costruita la nuova chiesa dedicata al SS.Salvatore. Svolse l'incarico di Priora fino al 1977, anno in cui la comunità elesse come superiora Madre Cecilia Greco.
L'arrivo a Grandate segnò per la comunità l'inizio di un tempo di rifioritura. Il numero delle monache arrivò a superare le cinquanta unità, tanto che ci fu un tempo in cui si pensò ad una fondazione. La Provvidenza condusse in altro modo il corso degli eventi e invece di fondare un nuovo monastero, si mandarono alcune monache in aiuto ad altre comunità della nostra federazione che si trovavano in necessità.
Dal 1998 al 2004 si è compiuta ancora una gran quantità di lavori di ristrutturazione per dare al complesso ciò che gli mancava per essere un monastero e cioè una sala capitolare e un chiostro, ma anche per restaurare e ristrutturare le parti più vecchie dello stabile.
Nel 2004, con la partecipazione di Grandatesi e non, di parenti, amici e conoscenti, abbiamo celebrato i primi cinquant’anni di presenza a Grandate.
Nel 2010, dopo 33 anni di priorato, Madre Cecilia ha lasciato l’incarico a Madre Tarcisia Biraghi, che è stata eletta dalla comunità il 22 giugno.
Il 10 giugno 2019, nella memoria liturgica della Solennità del Sacro Cuore, è invece Madre Carlamaria Valli ad essere eletta priora.

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Monastero SS Salvatore - via Giovanni Paolo II n.1 - Grandate - 22070 - Como - infobenedettinegrandate@gmail.com

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