Nacque a Busto Arsizio il 5 febbraio 1906.
Ebbe una formazione umana e culturale qualificata, come la condizione sociale della sua famiglia richiedeva (il padre era titolare di una fiorente industria tessile).
Accompagnata dalla guida spirituale di don Mario Ciceri, fece il suo discernimento vocazionale e l’8 settembre 1930 entrò tra le Benedettine del SS. Sacramento a Ronco Ghiffa. Emise la professione temporanea il 2 marzo 1932 e portò a compimento la formazione monastica pronunciando i voti perpetui il 12 marzo 1935.
Considerate le sue molteplici doti umane e spirituali, le furono affidate, nel corso di 15 anni, via via, diverse mansioni. Nel 1950 fu inviata nel monastero del SS. Salvatore a Piedimonte dove divenne Vice Priora e Maestra delle novizie. Appena 2 anni dopo però, dovette far ritorno alla comunità di Ghiffa per sottoporsi ad un intervento chirurgico. Ella tuttavia portò in cuore la comunità di S. Salvatore.
Quando si cominciò a concretizzare l’idea del trasferimento, fu inviata, nel maggio 1954, con altre monache a Grandate, per fare i preparativi necessari all’accoglienza. L’impresa di adattare una villa a monastero non fu facile e non terminò certamente in quei mesi.
Dal 3 luglio 1954, giorno dell’insediamento a Grandate, Madre Enrica divenne la guida della comunità. Il 4 novembre 1955, il vescovo di Como S. E. Mons. Felice Bonomini comunicò la nomina ufficiale a priora, avvenuta per deliberazione della Santa Sede.
L’incarico richiedeva intraprendenza e coraggio perché, compiuto il cambio di luogo, si trattava ora di guidare la comunità monastica nel passaggio da una diocesi all’altra e da un genere di sostentamento ad un altro.
Se nella Chiesa di Alife era richiesta una presenza con opere caritative: educazione dei bambini con l’asilo e delle ragazze con la scuola di lavoro, nella diocesi comense si presentarono subito richieste di accoglienza a gruppi di ritiro e di preghiera, ospitalità per esercizi spirituali, ecc.
La guida ferma e lungimirante di Madre Enrica portò così la comunità ad assumere una particolare fisionomia, quale luogo di spiritualità, nel nuovo contesto ecclesiale.
Anche l’aspetto della gestione economica non fu indifferente: la bella villa restava in parte ancora da pagare e i necessari lavori di sistemazione richiedevano altre spese. Non c’erano più le entrate dell’asilo e per il lavoro di ricamo doveva ancora aprirsi, in questa nuova terra, un giro di conoscenze e di richieste che ne garantisse la sussistenza.
Per questo, dopo la costruzione della nuova ala per le celle delle monache, si resero disponibili locali, in maggior numero per la foresteria. L’ospitalità si aprì allora anche a persone singole, per diversi mesi, o per tutto l’anno.
La grande fatica e la grande gioia del priorato di Madre Enrica fu la costruzione della nuova chiesa, resa necessaria dall’aumento della comunità monastica, dalle nuove esigenze della riforma liturgica e anche dalle crescenti richieste di luoghi adeguati per la preghiera, da parte dei gruppi ospitati. Le energie profuse in essa videro il loro coronamento nella solenne cerimonia della dedicazione, avvenuta il 19 settembre 1976.
Avendo provato con la comunità difficoltà e ristrettezze, quando il Signore benedisse e moltiplicò questo germoglio di S. Salvatore con nuove vocazioni, Madre Enrica non rimase insensibile alle richieste di altre case. In particolare la comunità di Genova ricevette da lei monache in aiuto e, per suo tramite, fu aggregata alla Federazione di Ghiffa delle Benedettine del SS. Sacramento.
Quando le consorelle di Genova si trasferirono nel nascente monastero di Castel Madama (aprile 1985-febbraio 1986), Madre Enrica, sollevata dalla carica di Priora a Grandate, si stabilì definitivamente là, trascorrendo l’ultimo tratto della sua vita nella preghiera intensa e nel sostegno spirituale a quella comunità.
L’8 agosto 1992 lì concluse la sua esistenza terrena, circondata dalla preghiera della comunità di Castel Madama e dalla presenza di Madre Cecilia Greco che, subito accorsa all’aggravarsi delle condizioni di salute, portava con sé il ricordo orante e riconoscente della comunità di Grandate.
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